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Eredità digitale, che fare?

E’ innegabile che ciascuno di noi ha accanto alla propria vita reale una corrispondente vita digitale.

E’ quasi impossibile al giorno d’oggi, e ancor di più in futuro, con i programmi di transizione digitale, tenere distinte le nostre attività reali e le nostra attività virtuali, che si sovrappongono indissolubilmente

Il nostro patrimonio non è più fatto solo di beni immobili, oggetti e denaro, ma anche di tutte le nostre informazioni contenute nel web.

Quasi tutti i cittadini hanno un profilo su uno o più social network e compiendo ogni giorno operazioni on line.

Si pone quindi il problema della sorte del nostro “patrimonio digitale”: che fine farà dopo la nostra morte? chi potrà disporne? potrà essere cancellato?

Il nostro diritto non ha una disciplina dedicata all’eredità digitale ed inoltre il problema viene complicato esponenzialmente per il fatto che i nostri dati sono, molto spesso, conservati all’estero e i contratti con i gestori dei dati sono regolati da leggi straniere, spesso di paesi anglosassoni che hanno un sistema giuridico profondamente diverso dal nostro e quindi “poco dialogante” con le nostre esigenze..

Che fare? Che consiglio dare a chi vuole disporre della propria eredità digitale?

In primo luogo invito tutti a consultare il semplice decalogo del Consiglio Nazionale del Notariato che si può scaricare all’indirizzo: http://www.notariato.it/export/sites/default/en/highlights/news/archive/pdf-news/Ereditx_Digitale.pdf

Tuttavia, valutiamo cosa è meglio fare.

  • si può disporre dei propri beni digitali attraverso un testamento, olografo o pubblico come prescrive la legge (mai digitale!) indicando a chi si vogliono lasciare i dati digitali (username, password, etc).
  • E’ consigliabile indicare espressamente una persona di fiducia a cui affidare le proprie credenziali di accesso (username e password), ricordandosi di aggiornarle sempre, fornendo indicazioni precise sul da farsi: se distruggere i dati in tutto o in parte, o consegnarli a qualcuno. Si tratta, giuridicamente parlando, di un mandato “post mortem”.

In mancanza di tale mandato a specifica persona, recuperare i documenti e dati potrebbe essere molto più difficile che entrate in un “caveau” sotterraneo di una banca.

Esistono costosissimi servizi specializzati. Alcuni siti internet assicurano di poter consegnare le credenziali alla persona indicata in caso di morte: ma non ci sono garanzie sull’affidabilità e durata di attività di queste società.

In mancanza di regole, ogni operatore del web decide a suo modo come comportarsi in caso di morte di un suo utente. GMail, ad esempio, concede la password del defunto soltanto se gli eredi esibiscono il certificato di morte, oltre alla dimostrazione di aver intrattenuto con il deceduto corrispondenza telematica. Hotmail, invece, prevede la chiusura dopo alcuni mesi di inattività dell’account: gli eredi devono compilare una richiesta disponibile dal sito per accedere alle mail del de cuius e, anche in questo caso, integrarla con il certificato di morte. Facebook, invece ha proprio recentemente modificato la propria policy sul tema: prima cancellava di default l’account degli utenti deceduti, non appena comunicato il decesso; oggi invece ha optato per lasciare agli  amici, parenti o conoscenti del defunto la possibilità di richiedere, tramite un apposito modulo reperibile sul sito, la trasformazione del profilo in un “account commemorativo”; in alternativa, è possibile richiedere la cancellazione del profilo e dei relativi dati, dimostrando il rapporto di parentela o la nomina nel testamento.

Di conseguenza è determinante lasciare disposizioni scritte, chiare e dettagliate, con firma autenticata dal notaio per evitare contestazioni.

Inoltre: i dati non di nostra proprietà, come quelli che potremmo conservare per ragioni di lavoro, dovranno essere restituiti ai legittimi proprietari.

Passando alla questione Home Banking,   metter a disposizione le credenziali di accesso ai conti correnti non significa nominare quella persona erede del loro contenuto. Il conto on line è un normale conto corrente, il cui contenuto dovrà essere assegnato secondo le regole in materia di successioni dettate dal codice civile. Ne saranno eredi i soggetti identificati dalla legge o nominati nel testamento, rispettando sempre e comunque i diritti riservati ai legittimari. Facciamo un esempio: se il conto è cointestato tra marito e moglie e muore uno dei due, l’altro non potrà prelevare tutto il contenuto, anche se in possesso della password, perché, in mancanza di figli e di testamento, parte del conto spetterà anche ai genitori e ai fratelli del coniuge defunto.

Parliamo infine di diritto all’oblio, cioè il diritto ad essere dimenticati. Da una parte c’è l’esigenza di informazione che spetta alla collettività e dall’altra il diritto alla privacy che spetta ad ogni persona. Una recente sentenza della Corte Europea nel caso Google ha imposto ai motori di ricerca di rimuovere i link su richiesta degli interessati, quando questi non ricoprano ruoli pubblici. Ma questo diritto spetta anche ai defunti? Il diritto alla riservatezza si estingue con la morte del titolare, ma sopravvive comunque una certa forma di tutela dei dati sensibili anche dopo la morte, nelle forme specifiche previste dall’art. 9 Cod. Privacy, che individua puntualmente gli interessi che possono bilanciare gli interessi di terzi ad accedere ai dati personali: la tutela del defunto e ragioni familiari meritevoli di protezione. Certamente il diritto di accesso degli eredi ai dati personali e sensibili del defunto dovrebbe essere bilanciato anche con la tutela della dignità di quest’ultimo. In mancanza di una legge chiara è però sempre opportuno lasciare indicazioni dettagliate scritte e autenticate e consegnare comunque le credenziali solo alle persone di cui ci fidiamo.