Disciplina degli atti con cittadini stranieri.

L’art. 17 del Trattato CE istituisce una cittadinanza dell’Unione Europea, attribuita a chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro: pertanto sulla base di tale norma il cittadino “comunitario” ha lo stesso trattamento giuridico del cittadino italiano senza limitazione alcuna.

Con l’entrata in vigore del decreto legislativo  25 luglio 1998 n. 286 e della sue norme di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394), anche la condizione dei cittadini stranieri extracomunitari è radicalmente mutata.

La disposizione basilare continua ad essere l’art. 16 delle disposizioni preliminari del codice civile in forza della quale lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità, e cioè nella misura in cui i cittadini italiani possano compiere nello Stato estero i medesimi atti.

La condizione di reciprocità non riguarda i diritti fondamentali, ma soltanto il versante patrimoniale (acquisti immobiliari, costituzione di società, ecc.).

L’attuale normativa prevista dall’art. 1 del citato d.p.r. 394/1999, dopo le modifiche introdotte dal d.p.r. 18 ottobre 2004, n. 334, dispone:

1. – Accertamento della condizione di reciprocità.

Ai fini dell’accertamento della condizione di reciprocità, nei casi previsti dal testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di seguito denominato: «testo unico», il Ministero degli affari esteri, a richiesta, comunica ai notai ed ai responsabili dei procedimenti amministrativi che ammettono gli stranieri al godimento dei diritti in materia civile i dati relativi alle verifiche del godimento dei diritti in questione da parte dei cittadini italiani nei Paesi d’origine dei suddetti stranieri.

2. – L’accertamento di cui al comma 1, non è richiesto per i cittadini stranieri titolari della carta di soggiorno di cui all’articolo 9 del testo unico, nonché per i cittadini stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, per l’esercizio di un’impresa individuale, per motivi di famiglia, per motivi umanitari e per motivi di studio, e per i relativi familiari in regola con il soggiorno.

Quindi, in sintesi, sulla base della normativa attuale in tutti i casi previsti al n. 2 il cittadino straniero extracomunitario può senz’altro essere ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino italiano senza bisogno di ulteriori accertamenti: negli altri casi la condizione di reciprocità può anche dipendere, oltre che dalla legislazione dello stato cui lo straniero extracomunitario appartiene, dalle previsioni di trattati multilaterali (ad esempio, lo Spazio Economico Europeo) o bilaterali.

Al riguardo, si ricorda che il sito internet del ministero degli Affari Esteri contiene pagine appositamente dedicate a questa rilevante tematica.

Nella giurisdizione italiana non si applica poi soltanto la nostra legge.

Come è noto tra i giuristi, in Italia possono trovare applicazione leggi straniere, laddove la legge italiana espressamente lo preveda.

Al riguardo, la legge 31 maggio 1995, n. 218 (riforma del diritto internazionale privato italiano) consente, se ne ricorrono i presupposti, che in determinate materie possano trovare applicazione leggi di qualsiasi Stato del mondo,  con la sola condizione che non ledano le basi della nostra civile convivenza.

Per quanto riguarda le “persone giuridiche” (p.es. società) valgono gli stessi principi: pertanto la persona giuridica comunitaria ha lo stesso trattamento giuridico della persona giuridica di nazionalità italiana, mentre per la persona giuridica extracomunitaria straniera la condizione di reciprocità dipende, oltre che dalla legislazione dello stato cui appartiene, dalle previsioni di trattati multilaterali (ad esempio, lo Spazio Economico Europeo) o bilaterali.