LA QUESTIONE

L’annoso problema dell’applicazione del prezzo massimo di cessione in materia di cessione di alloggi realizzati ai sensi dell’art.35 della legge n.865/1971 sta vivendo recentemente notevoli sviluppi dal punto di vista giurisprudenziale .
La vicenda trae origine dalla corretta applicazione dell ‘art.35 della detta legge che dispone nel testo oggi vigente:

“ Le disposizioni dell’art.10 della legge 18 aprile 1962 n.167, sono sostituite dalle norme di cui al presente articolo.

Le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167 , sono espropriate dai comuni o dai loro consorzi.

Le aree di cui al precedente comma, salvo quelle cedute in proprietà ai sensi dell’undicesimo comma del presente articolo, vanno a far parte del patrimonio indisponibile del comune o del consorzio.

Su tali aree il comune o il consorzio concede il diritto di superficie per la costruzione di case di tipo economico o popolare e dei relativi servizi urbani e sociali.

La concessione del diritto di superficie ad enti pubblici per la realizzazione di impianti e servizi pubblici è a tempo indeterminato, in tutti gli altri casi ha una durata non inferiore ad anni 60 e non superiore ad anni 99.

L’istanza per ottenere la concessione è diretta al sindaco o al presidente del consorzio. Tra più istanze concorrenti è data la preferenza a quelle presentate da enti pubblici istituzionalmente operanti nel settore dell’edilizia economica e popolare e da cooperative edilizie a proprietà indivisa.

La concessione è deliberata dal consiglio comunale o dall’assemblea del consorzio. Con la stessa delibera viene determinato il contenuto della convenzione da stipularsi, per atto pubblico, da trascriversi presso il competente ufficio dei registri immobiliari, tra l’ente concedente ed il richiedente.

La convenzione deve prevedere:

a) il corrispettivo della concessione e le modalità del relativo versamento, determinati dalla delibera di cui al settimo comma con l’applicazione dei criteri previsti dal dodicesimo comma ;

b) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione da realizzare a cura del comune o del consorzio, ovvero qualora dette opere vengano eseguite a cura e spese del concessionario, le relative garanzie finanziarie, gli elementi progettuali delle opere da eseguire e le modalità del controllo sulla loro esecuzione, nonché i criteri e le modalità per il loro trasferimento ai comuni od ai consorzi;
c) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da realizzare;

d) i termini di inizio e di ultimazione degli edifici e delle opere di urbanizzazione;

e) i criteri per la determinazione e la revisione periodica dei canoni di locazione, nonché per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, ove questa sia consentita;

f) le sanzioni a carico del concessionario per l’inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione ed i casi di maggior gravità in cui tale osservanza comporti la decadenza dalla concessione e la conseguente estinzione del diritto di superficie;

g) i criteri per la determinazione del corrispettivo in caso di rinnovo della concessione, la cui durata non può essere superiore a quella prevista nell’atto originario.

Le disposizioni del precedente comma non si applicano quando l’oggetto della concessione sia costituito dalla realizzazione di impianti e servizi pubblici ai sensi del quinto comma del presente articolo.

I comuni per i quali non sia intervenuta la dichiarazione di dissesto finanziario ed i loro consorzi possono, nella convenzione, stabilire a favore degli enti, delle imprese di costruzione e loro consorzi e delle cooperative edilizie e loro consorzi, che costruiscono alloggi da concedere in locazione per un periodo non inferiore a quindici anni, condizioni particolari per quanto riguarda il corrispettivo della concessione e gli oneri relativi alle opere di urbanizzazione .
Le aree di cui al secondo comma, destinate alla costruzione di case economiche e popolari, sono concesse in diritto di superficie, ai sensi dei commi precedenti, o cedute in proprietà a cooperative edilizie e loro consorzi, ad imprese di costruzione e loro consorzi ed ai singoli, con preferenza per i proprietari espropriati ai sensi della presente legge sempre che questi abbiano i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni per l’assegnazione di alloggi di edilizia agevolata”

Questa norma disciplina quindi quegli interventi edilizi che vengono realizzati su aree espropriate dal Comune per essere poi assegnate con apposita convenzione al soggetto realizzatore che puo’ essere tanto una società cooperativa che una società di capitali.

L’EVOLUZIONE NORMATIVA E LA SUA INTEPRETAZIONE FINO AL 2 MAGGIO 2014

Gli alloggi realizzati nell’ambito di tale cosiddetta edilizia convenzionata-agevolata, nel tempo sono stati oggetto di una normativa spesso farraginosa che principalmente nell’ipotesi di assegnazione in diritto di proprietà aveva imposto vincoli molto stringenti alla loro commerciabilità allo scopo di evitare facili speculazioni .
La normativa in materia infatti aveva imposto sia divieti temporali di rivendita che limitazioni alla determinazione del prezzo di vendita od al canone di locazione , il tutto a pena di nullità anche parziale.
I divieti di vendita sono poi in parte venuti meno in seguito alla legge “Ferrarini Botta”.
Per venire al nostro tema, nell’ambito dei vincoli alla commerciabilità degli alloggi realizzati all’interno dei piani di zona vi è quello molto discusso e controverso del prezzo massimo di cessione.

Questa problematica e’ molto sentita nei comuni di più grandi dimensioni, in quanto è in questi comuni che sono stati varati la maggior parte dei piani di zona, con assegnazione delle aree sia in diritto di proprietà che di superficie.

Il comune , nella convenzione stipulata con il soggetto utilizzatore ( la società costruttrice) come dalla normativa sopra riportata, richiede che venga prevista una serie di parametri e criteri per fissare ed aggiornare sia il prezzo massimo di cessione che il canone massimo di locazione per gli alloggi che verranno poi edificati e ceduti a terzi anche in locazione dal detto utilizzatore.

Nelle convenzioni stipulate dal Comune di Roma, come in quelli di molti altri comuni , non è spesso agevole rinvenire una clausola che con certezza operi una estensione dell’obbligo di osservare il prezzo massimo anche nelle cessioni successiva alla prima .

La situazione di grande incertezza circa l’applicabilità del detto prezzo massimo alle cessioni successive alla prima, ha indotto molti di coloro che intendevano cedere l’alloggio acquistato dal costruttore e/o cooperativa in un piano di zona a richiedere spesso al comune l’autorizzazione a vendere a questa o  quella data cifra secondo prassi piuttosto discutibili.

Questa problematica era stata affrontata sia dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.13006 del 2000 e dal Consiglio Nazionale del Notariato con risposta a quesito n.5921/2005 che dalla Regione Piemonte con un suo parere n.132/2009, e tutti concordavano sulla non applicabilità del prezzo massimo alle cessioni successive .

Successivamente il Comune di Roma in seguito ad apposita istanza con nota in data 2 dicembre 2010 prot . n 71370 relativamente ad un caso specifico in cui vi era anche un contributo in conto capitale al prezzo di acquisto ribadiva per una convenzione stipulata nell’anno 2000 la non applicabilità alle cessioni successive alla prima del detto prezzo massimo .
Con una nota del 21 febbraio 2013 , l’Ufficio Edilizia residenziale pubblica di Roma Capitale prende inizialmente posizione sulla legge n.106/2011 che disciplina la facoltà di conseguire con apposita convenzione con il comune l’affrancazione dal prezzo massimo di cessione dell’alloggio così come previsto dalla detta legge n.865/1971 affermando che tale normativa possa trovare applicazione soltanto in quei casi nei quali la convenzione con il Comune di Roma espressamente ponga dei limiti di prezzo nelle alienazioni successive alla prima.

Termina poi affermando che gli schemi attualmente in vigore delle convenzioni con le quali il comune di Roma procede sia all’attribuzione dell’area in diritto di proprietà che di superficie non prevedono limitazioni nella determinazione del prezzo di cessione per i trasferimenti successivi al primo tra Comune e soggetto realizzatore dell’intervento.

LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI ROMA DEL 2 MAGGIO 2014

E’ intervenuta poi una sentenza del Tribunale civile di Roma Sez X in composizione monocratica in data 2 maggio 2014 la quale interviene sull’argomento del prezzo massimo di cessione affermando l’applicabilità del prezzo massimo di cessione anche alle cessioni successive alla prima per gli alloggi realizzati in diritto di superficie.

La sentenza ripercorre il cammino delle modifiche avvenute al testo della legge n.865/1971  nella disciplina relativa sia alle aree assegnate in diritto di superficie che in diritto di proprietà;

passa poi ad affrontare il nostro problema e rileva principalmente due elementi che confermerebbero l’applicabilità del divieto agli atti successivi al primo:

innanzitutto il nuovo comma 49 bis dell’art.31 della legge n.448/1998 che prevede lo strumento della convenzione in forma pubblica per eliminare i vincoli relativi al prezzo massimo di cessione ovvero del canone massimo di locazione;

tale norma non avrebbe un valido significato qualora i vincoli riguardassero solo la prima cessione, confermano invece la vincolatività della limitazione del prezzo anche alla cessione dell’alloggio successiva alla prima assegnazione;

inoltre la norma dell’art.35 della legge n.865/1971 costituirebbe una norma imperativa la cui violazione darebbe luogo alla nullità parziale del contratto ex. art 1418 c.c. ( nullità virtuale) limitatamente alla clausola realtiva al prezzo difforme da quello indicato dalla convenzione come prezzo canone o massimo.

Da ciò secondo la citata sentenza deriverebbe la declaratoria della nullità parziale del contratto di cessione dell’alloggio ad un prezzo superiore a quello massimo con la sostituzione automatica della clausola del prezzo ( vietato) con il prezzo statuito dalla convenzione con il Comune o dai criteri e parametri in essa contenuti.

LA SENTENZA A SEZIONI UNITE DELLA SUPREMA CORTE  DEL 16 SETTEMBRE 2015

In data successiva alla detta sentenza e precisamente con provvedimento depositato in cancelleria il 4 luglio 2014 la seconda sezione civile della Suprema Corte di Cassazione ha deciso di rimettere alle Sezioni Unite la decisione di una causa che nella sostanza ricalca la vicenda che ha dato luogo alla decisione sopra citata del Tribunale di Roma.

Ciò in quanto ad avviso dei giudici della seconda sezione ricorre un contrasto interpretativo circa la obbligatorietà del prezzo massimo di cessione nelle cessioni successive a quella tra il soggetto realizzatore dell’intervento ed il primo acquirente.

Da una parte infatti vi sarebbero precedenti pronunce delle sezioni della stessa Suprema Corte mentre dall’altra vi sarebbero ragioni di tutela di un superiore interesse pubblico relativo ad evitare che le agevolazioni concesse per la realizzazione delle unità immobiliari si trasformi in un incentivo alla speculazione ed inoltre il recente intervento legislativo avvenuto con la legge n.106/2011 in materia di eliminazione dei vincoli derivanti dal prezzo massimo di cessione.

Il 16 settembre 2015 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno depositato in cancelleria la decisione in merito alla remissione della controversia di cui sopra.

La decisione conferma l’orientamento già espresso dal Tribunale Civile di Roma in data 2 maggio 2014  ( e sopra descritto) affermando che il vincolo del prezzo massimo di cessione debba essere rispettato anche per le cessioni dell’immobile successive alla prima.

Con la conseguenza della nullità parziale del contratto e precisamente della clausola relativa al prezzo e sostituzione del prezzo massimo a quello convenuto dalle parti.

Anche l’ argomentazione principale su cui si fonda la decisione della Suprema Corte è la medesima della sentenza del Tribunale di Roma:

il nuovo comma 49 bis dell’art.31 della legge n.448/1998 introdotto dal D.L.  n.70/2011 convertito nella legge n.106/2011 il quale riconosce ai titolari del diritto di proprietà superficiaria  ed ai proprietari ( il cui acquisto è avvenuto ante 1992) di eliminare i vincoli del prezzo massimo con apposita convenzione in forma pubblica da stipularsi dal singolo proprietario dell’immobile con il Comune una volta che siano trascorsi almeno cinque anni dalla prima assegnazione versando la somma determinata dal Comune stesso.

Interessante poi la delimitazione del campo di azione del principio affermato dal quale vengono escluse quelle convenzioni  ex lege n.10/1977 con il Comune, cosiddette “Bucalossi”, ovverosia quelle con le quali il costruttore si obbliga a rispettare il prezzo massimo per ottenere una riduzione nel contributo da versare al Comune per ottenere il titolo edilizio.

Pertanto in tale ipotesi il vincolo del prezzo massimo varrà soltanto per la prima cessione tra il soggetto realizzatore dell’intervento ed il primo acquirente.

In questa situazione è pertanto consigliato a coloro i quali intendono procedere alla alienazione di un immobile che si trovi in un piano di zona con vincolo relativo al prezzo massimo, in primo luogo di rivolgersi al Comune per ottenere una certificazione attestante il prezzo massimo di cessione;

ed una volta accertato detto prezzo , qualora si intenda procedere alla cessione ad un prezzo maggiore, effettuare richiesta al medesimo Comune di stipulare l’apposita convenzione per eliminare tale vincolo previa quantificazione e versamento della somma relativa.

Solo dopo la stipula della convenzione sarà possibile procedere alla alienazione dell’immobile ad un prezzo libero.